La più superba selva di querce sulle pareti di un antico cratere.

Così Goethe definiva nel 1787 il bosco degli Astroni, il cui paesag­gio è rimasto pressoché immutato, come si può osservare ancora oggi, dall’alto della torre d’ingresso.
La Riserva naturale degli Astroni è situata alle estreme propag­gini occidentali della città di Napoli, cui competono territorial­mente solo l’area dell’ingresso e i versanti settentrionali esterni del cratere, mentre la gran parte del cratere è collocata nel territorio comunale di Pozzuoli.

La Riserva si estende per 247 ettari e comprende l’intero edifi­cio vulcanico. Il perimetro del cratere (alto 253 m s.l.m.) è racchiu­so da un antico muro di cinta, interrotto da due ruderi (Torre Lupara e Torre Nocera), mentre sul fondo è presente un antico edi­ficio borbonico – La Vaccheria – utilizzato dal re come casino di caccia e oggi, purtroppo, in abbandono.

Il fondo non è pianeggiante, ma presenta dei rilievi formatisi in seguito all’attività vulcanica: il colle dell’Imperatrice (m.76), piccolo cratere spento formatosi a seguito dell’attività vulcanica degli Astroni, il colle della Rotondella (m.69) e i rilievi dei Paglieroni, così chiamati perché ospitavano recinti per la caccia al cinghiale, che sono strutture di roccia lavica formatesi in seguito all’attività eruttiva del colle dell’Imperatrice.

Alla base del cratere (10 m s.l.m.) sono presenti tre laghetti: il lago Grande, esteso più di 1,5 ettari, il Cofaniello grande (0,1 ha), e il Cofaniello piccolo(0,2 ha), ricomparso da pochi decenni sul fondo del cratere; era scomparso infatti verso la fine del secolo scorso, in seguito al pro­sciugamento del lago di Agnano.Il Lago Grande era utilizzato dagli antichi romani per le cure termali.

Nel versante nord-occidentale è presente un’antica cava trachitica. Il fondo del cratere è circondato da un viale in terra battuta, lo “stradone di caccia”, che si congiunge con il viale asfaltato proveniente dall’ingresso. Altri sentieri si dipartono dallo stradone e si inerpicano sui versanti interni.

Dallo sfruttamento termale, avviato dai Romani, si passò nel sedicesimo secolo alla trasformazione in tenuta reale di caccia, ad opera di Alfonso I d’Aragona, che vi immise cinghiali, daini e cervi e recintò il tutto con le mura che ancora oggi si conservano sul bordo del cratere. Da allora, fino agli inizi dell’800, fu gestito come riserva reale di caccia; fu Ferdinando II il primo ad aprirlo al pubblico, nel 1830.

Con la caduta del Regno delle Due Sicilie passò ai Savoia e subì una gestione di tipo “forestale”, con ampi tagli e introduzione di specie arboree estranee alla flora locale.

Nel 1919 gli Astroni, assieme ai beni demaniali in uso alla Corona, passarono a far parte dell’Opera Nazionale Combattenti.

Durante la Seconda Guerra Mondiale e nel dopoguerra il crate­re fu occupato dalle truppe alleate e dai civili che fuggivano dai bombardamenti.

I maggiori pericoli furono però corsi dall’area in seguito, fino alla fine degli anni 70, allorquando subì una gestio­ne del tutto inadeguata alla vocazione naturalistica del sito: vi furono introdotti animali esotici, soprattutto ungulati, che trasfor­marono profondamente la vegetazione, e vi furono operati tagli boschivi indiscriminati, consentendo l’accesso incontrollato alle autovetture che, penetrando ovunque, aprivano nuove piste, lasciavano grossi cumuli di rifiuti e provocavano danni enormi alla vegetazione ed alla fauna.

Il cratere fu chiuso in seguito al terremoto degli anni ’80 per motivi di sicurezza e passò, con l’abolizione dell’Opera Nazionale Combattenti, alla Regione Campania.

Nel 1987 una legge statale istituì il vincolo di Riserva Naturale e ne affidò la gestione al WWF – Fondo Mondiale per la Natura. Iniziava allora finalmente per gli Astroni una nuova era, fatta di tutela e gestione corretta, visite guidate, manifestazioni ambientali.