Gli altri tre laghi dell’area flegrea sono molto diversi dall’Averno per struttura, natura e condizioni ambientali: si tratta di lagune costiere retrodunali…

Gli altri tre laghi dell’area flegrea sono molto diversi dall’Averno per struttura, natura e condizioni ambientali: si tratta di lagune costiere retrodunali, strette fra il mare e le aree edificate, che, pur conservando ancora dei notevoli pregi paesaggistici, risentono purtroppo di vistosi fenomeni di inquinamento e della sostanziale distruzione della vegetazione ripariale.

Il lago Miseno, detto anche Mare Morto, è esteso 46 ettari (60 se si considera anche la superficie delle sponde e dei tratti dunali): osservato dall’alto, dalla strada che sale verso il promontorio di Miseno, o da Monte Grillo, verso Monte di Procida, esso si presen­ta come uno specchio d’acqua separato dal mare da alcune rocce tufacee ed offre la gradevole visione dei centri abitati di Bacoli e 68 di alcune sue frazioni, che si affacciano sulle rive.

Il lago – che soffre purtroppo oggi di una forte eutrofizzazione, dovuta all’inquinamento da scarichi fognari ed alla quasi completa ostruzione delle foci – deve il suo nome alla leggenda omerica del compagno di Ulisse, fatto diventare da Virgilio un guerriero troia­no al seguito di Enea, che qui avrebbe perso la vita e sarebbe stato quindi sepolto a Capo Miseno, la cui forma squadrata ricorda appunto quella di un gigantesco sepolcro.

In epoca romana esso costituiva, insieme con la rada adiacente, collegata da un canale oggi interrato, il porto di Miseno, collocato nell’omonimo cratere semisommerso: nella rada era localizzata la classis misenensis, la flotta navale romana del Tirreno, mentre il bacino interno fungeva da cantiere in cui si allestivano e si riparavano le navi: qui Nerone fece uccidere la madre Agrippina, e qui morì l’imperatore Tiberio.

Il lago Lucrino, il più piccolo, esteso solo 9 ettari e mezzo, deve il suo nome (da lucrum) alle floride attività di acquacoltura che vi erano localizzate al tempo dei Romani, quando il lago era molto più grande di quanto non appaia oggi: attualmente è forse il più degradato degli specchi d’acqua flegrei, per effetto della ecces­siva antropizzazione delle rive e delle aree circostanti. Pochissimo canneto si è salvato, e la presenza sulle rive di alcuni ristoranti, non proprio com­patibili con le esigenze ecologiche del Lago, ne compromette molto il fascino naturalistico e paesaggistico.

Più ricco e vario si presenta invece il più grande dei laghi flegrei, il lago Fusaro – la mitologica Palude Acherusia – che è costituito da 98 ettari di superfìcie lacustre e da una estensione totale di 135 ettari. Conserva ancora tratti di canneto sulle rive, in gran parte però arginate e cementifìcate, sulle quali sorge il vecchio parco, che ne arricchisce la dotazione arborea di alto fusto; l’argine verso il mare, e soprat­tutto il tratto di costa sabbiosa prospiciente la nuova foce, conserva ancora esempi ben conservati di macchia mediterranea retrodunale.

Il lago, le cui acque sono meno inquinate che nei due prece­denti, è collegato al mare da tre canali, ed al suo interno si pratica l’allevamento di pesci e molluschi.

Ospita nelle sue acque la raffi­nata Casina Vanvitelliana, congiunta alla terraferma ed al parco da un ponticello: è un casino di caccia in stile rococò, costruito nel 1787 e donato dal re borbonico Ferdinando IV alla Duchessa di Floridia, sua amata moglie morganatica.

Sull’argine verso il mare è collocato anche il Parco Zooprofìlattico, utilizzato fino a poco tempo fa dallo zoo di Napoli come area di quarantena per gli animali esotici.